Andrea Vici (1778-1784)
La costruzione del monastero delle salesiane era quasi al termine quando i fratelli della compagnia del Santissimo Sacramento “vedendo a tiro di guadagnarsi il Camerone del Noviziato, costruito sopra la loro sagrestia, esposero che l’uso comune della loro chiesa era impossibile e che non si doveva al Vescovo la chiesa perché non portava in scriptis il consenso dei fratelli”. Cominciarono così furibonde liti che videro il paese spaccarsi in due partiti: l’ordine regolare che difendeva la proprietà della compagnia del Santissimo Sacramento e quello secolare che pretendeva la cessione della chiesa. Questo ultimo partito era capeggiato da Girolamo Vici “che già da tutti gli abitanti era riconosciuto per il principale autore di tutti gli sconcerti e che pretese con la violenza di soggiogare ognuno e purtroppo non è niente estinto”. Finalmente, il 9 agosto 1771, arrivò la decisione definitiva: “nihil competere de cessione ecclesiae SS. Sacramenti”. I fratelli della compagnia, quindi, ebbri di gioia, chiusero subito le porte di comunicazione col monastero e occuparono il camerone del noviziato, che era stato costruito sopra la loro sagrestia, così che a Vici non rimase altra possibilità che adattare una parte del refettorio a uso di chiesetta. L’arrivo del vescovo Calcagnini ad Osimo (1776), che appena nominato aveva affidato al Vici numerosi incarichi, fece riaccendere l’annosa questione della chiesa del SS. Sacramento. Il prelato ottenne, infatti, da Pio VI “un amplissimo breve, in data 14 ottobre 1777, per cui venne munito di straordinarie facoltà non solo sopra le Fraternite, ma in particolar modo per eseguirsi il salutare progetto in ordine alla cessione della chiesa del SS. Sacramento di Offagna in favore di quelle monache Salesiane e alla contemporanea traslazione della Fraternità di detta chiesa all’altra della Compagnia della Morte […] il decreto venne attuato il 12 novembre 1777”.
La solerzia di Vici nel progettare la nuova ristrutturazione della chiesa fu tale che, nella visita pastorale del 27 aprile 1778, il cardinale poteva già assistere alla sua trasformazione. Vici doveva modificare un vano preesistente, a pianta rettangolare, adattandolo alle particolari esigenze delle monache di clausura.
Il progetto (Roma, Archivio Busiri Vici) è consistito nel dividere l’invaso in due parti comunicanti tra loro per mezzo di un ampio finestrone interamente chiuso da una grata metallica: il coro, di forma rettangolare con due sedili ai lati, da dove le monache potevano seguire la funzione religiosa, e la chiesa a struttura circolare, da cui ricavare, agli angoli, dei piccoli vani utilizzabili come confessionali e come sagrestia con annessa scaletta per salire al pulpito.Una soluzione simile presenta notevoli analogie, sia nella disposizione degli spazi che nelle decorazioni, con la contemporanea chiesa del conservatorio delle Pupille a Osimo. Insieme al piano della chiesa Vici disegna anche il piano superiore dove risiedono le novizie e le educande, e il piano sotterraneo che diventa sepoltura e legnaia.
Nell’interno, visibile in uno spaccato di Vici (Roma, Archivio Busiri Vici), la trabeazione, semplice ma incisiva, determina un netto distacco tra la compatta ed essenziale articolazione delle pareti e la dinamica decorazione della volta sottolineata dalla luminosità di due grandi finestre termali. Anzi i lacunari gradienti, inquadrati da bianche nervature, hanno il compito specifico di effondere la luce, che sembra provenire dall’immagine dello Spirito Santo, accentuando il sentimento di chiusa e silenziosa intimità del vano. Una cornice dalle linee essenziali che percorre tutto il perimetro, collega l’ordine unico di colonne e lesene corinzie, allacciate a due a due da classicheggianti ghirlande di fiori.
La chiesa fu inaugurata nel giugno del 1784, e a dimostrazione della solerzia del pievano Girolamo per la fondazione del monastero e per la sua definitiva sistemazione, nel centro del pavimento venne collocata la sua tomba a perenne ricordo e ringraziamento. Negli anni successivi, dopo l’abbandono del monastero da parte delle Salesiane (1896), la chiesa fu adibita a sala da ballo e palestra; poi durante il fascismo fu trasformata in teatrino e infine, comprato dal vescovo Leopardi di Osimo tutto lo stabile, nel 1947 furono avviati i lavori di restauro, diretti dall’architetto Cesanelli di Roma, che terminarono nel 1950.
Sono stati recuperati i capitelli e le colonne distrutte basandosi su alcuni esemplari che erano stati risparmiati, sono stati rifatti il pavimento di cotto, la griglia di ferro battuto, le griglie di legno della cantoria, dorati i capitelli e i festoni di stucco.
Tratto da: Andrea Vici – Architetto e ingegnere idraulico – Atlante delle Opere – Silvana Editoriale